mercoledì 28 dicembre 2011

"Le superiori? Non rifarei le stesse scelte" Studenti pentiti soprattutto al liceo


di FEDERICO PACE  
   
SCELTE importantissime e cruciali, da meditare e ripensare a lungo. Quelle sui percorsi nell'istruzione sono tra le più difficili da compiere e tra le più decisive per i propri destini. Spesso arrivano molto presto e in aggiunta, con il passare del tempo, le si vorrebbe cambiare. Capita a tanti di pensarla così. Soprattutto quando l'incontro con la realtà fa vedere le cose sotto una luce inattesa. 

I ragazzi che hanno superato la maturità questa estate, se potessero, non frequenterebbero la scuola in cui sono stati per cinque anni. Preferirebbero concedersi un'altra chance. Meglio tornare indietro e studiare altre cose e ritrovarsi più preparati all'incontro con l'università e con il mondo del lavoro. 

Il fenomeno sembra diffuso e quelli più pronti a rimettere indietro le lancette del tempo e prendere un altro sentiero sono quelli usciti dai licei (il 48 per cento). Se ne trovano un po' di meno, ma davvero di poco, tra quelli che hanno superato la maturità ai professionali (il 45 per cento) e ai tecnici (il 43 per cento). Il dato è quello che emerge dalle analisi di AlmaLaurea, il consorzio universitario che oggi, al convegno a Bologna su Efficacia dell'istruzione e orientamento dei diplomati, presenta due indagini sul profilo dei diplomati del 2011 e sulle scelte compiute da quelli che si sono diplomati nel 2008 e nel 2010.
   
Le informazioni e gli strumenti. La prima indagine ha coinvolto quasi 30 mila diplomati di 246 istituti scolastici concentrati soprattutto in  Puglia, Lombardia, Emilia Romagna, Sardegna, Toscana e Lazio e in altre otto Regioni. "Le due indagini - spiega il professor Andrea Cammelli, direttore di AlmaLaurea  -  forniscono gli strumenti per una valutazione quantitativa della qualità della preparazione dei nostri giovani. Quello che viene presentato è da un lato un modello positivo da estendere a livello nazionale, ma anche un prezioso strumento già utilizzabile per orientare la programmazione scolastica e le scelte degli studenti nel passaggio dalla scuola all'università o al mondo del lavoro". 

Il gradimento e la difficoltà della scelta. Per lo più i ragazzi che si dicono molto soddisfatti della propria esperienza scolastica  sono il 32 per cento. Per un altro 54 per cento, si tratta invece di un appagamento moderato. Tante sono le ragioni che spingono a voler rimescolare le carte dei propri anni scolastici. Alcune pesano però più di altre. Quasi quattro su dieci, in questa scuola ideale che è possibile frequentare solo grazie a una macchina del tempo, seguirebbero studi incentrati su discipline diverse da quelle con cui si sono dovuti misurare quotidianamente. Ma non c'è solo l'anelito verso qualcosa di più affine ai propri orientamenti e talenti. Molti di loro pensano che sarebbe stata necessaria una scelta diversa in vista di quello che il mondo del lavoro pare offrirgli in misura molto esigua. Il 25,3 per cento tornerebbe indietro proprio per preparasi meglio all'incontro con l'universo mutevole e complesso dell'occupazione. Uno su sei invece sente che quello che ha studiato in classe non gli ha fornito la giusta preparazione per l'università. 

L'obiettivo della laurea e il condizionamento delle superiori. Difficile dire se questo pentimento relativo alle scelte passate renda più consapevoli sulla difficoltà delle scelte presenti e future, soprattutto in momenti di trasformazione e di crisi così radicali come quelli di oggi. Ad ogni modo, il 61 per cento dei ragazzi, di fronte alla scelta dopo la maturità ha puntato al percorso universitario. 
Le decisioni sono molto diverse a seconda delle superiori di provenienza. Nel caso del liceo classico e del liceo scientifico si punta alla laurea in percentuali vicino al novanta per cento. All'altro estremo ci sono invece gli studenti degli indirizzi professionali dove meno di un terzo decide di fare lo stesso. Poco meno di un terzo di tutti gli studenti non intende proseguire gli studi mentre poco meno del dieci per cento si dice interessato a attività di qualificazione diverse da quelle universitarie.
  
I corsi di studio e i ripensamenti. Tra i tanti che hanno scelto di iscriversi a un ateneo, più di un quinto dei diplomati del 2010 ha scelto un corso di laurea nell'area economico-sociale, il 21 per cento ha invece puntato su un percorso nell'area umanistica, mentre il 18,5 per cento ha preferito una facoltà di ingegneria o architettura. Ma per qualcuno, anche in questo caso, le scelte fatte non si sono dimostrate vincenti e il sei per cento ha lasciato l'università alla fine del primo anno mentre un altro cinque per cento ha cambiato corso o ateneo. 
La disoccupazione dei tecnici. Dall'indagine relativa alle scelte compiute da diplomati del 2010 e del 2008, emerge che a un anno dalla maturità il 20 per cento ha un impiego mentre poco più di un sesto è alla ricerca di un lavoro. Tra i dati, quello a destare più preoccupazione, è quello relativo al tasso di disoccupazione, davvero alto, tra i diplomati professionali che raggiunge il 40 per cento. Fra i tecnici è il 31 per cento e, in particolare, per i tecnici industriali è il 28 per cento.  

Le competenze e lo stipendio. Quasi quattro su dieci dei diplomati che lavorano affermano di non sfruttare in alcun modo le competenze apprese durante gli anni scolastici. Solo il venti per cento di loro ritiene di farne un uso elevato mentre un altro 43 per cento ritiene che c'è una relazione molto contenuta tra quanto studiato e quello che fa. Quanto alla paga, non c'è forse da sorprendersi purtroppo, che a un anno dal diploma rimane ferma a 980 euro al mese e dopo tre anni sale appena di cento euro.  

Repubblica, 14 dicembre

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