mercoledì 21 settembre 2011

Cassa integrazione: i dati del 2010


I lavoratori in cassa integrazione a zero ore per tutto il 2010 (52 settimane lavorative) sono stati 576.455 lavoratori, di cui 178.658 in cassa integrazione in deroga. 
I lavoratori coinvolti, nel 2010, da processi di cassa integrazione si presume siano stati oltre due milioni!!! 

http://www.cgil.it/ufficiostampa/comunicato.aspx?ID=3104




L’invisibilità taciuta del disoccupato

Il disoccupato vive di precarietà assoluta! Ovvero: se un precario è “precario”, la precarietà dei disoccupati è un buco nero che li inghiotte nella sua lunga notte...

Chi è disoccupato difficilmente ha i requisiti richiesti dalla legge per ottenere magri sussidi e ammortizzatori sociali, provvidenze insufficienti e temporanee.
Il disoccupato cade – se ancora un po’ fortunato - fra le braccia di una buona mamma, di un premuroso papà, di una paziente zia, di un anziano che in famiglia lo prenderà (fino a quando?) sotto la sua ala, cioè – appunto - cade nella precarietà assoluta, perché non è più autonomo, non è più libero (gli aiuti familiari non sono sempre incondizionati…), non è più sicuro di nulla, perché non tiene lui la mano “sul rubinetto che gli versa da bere”.

E se questi familiari benevoli non esistono? O cosa succede quando si interrompe per qualsiasi motivo il legame con la famiglia di origine? Cosa ne è dei disoccupati adulti che per motivi anagrafici sono spesso completamente abbandonati?

Nel 2009, oltre il 65% degli accessi alla Caritas di Lucca (il dato si riferisce a cittadini italiani) è fatto da persone – indistintamente donne e uomini - di età compresa fra i 35 e i 54 anni. Questa percentuale fa pensare…

Pur consapevoli dei 1000 distinguo di cui la vita pratica si nutre, sentiamo di dover dire che nessuno vive la precarietà come il disoccupato, sia egli italiano o migrante.

Il disoccupato è una persona come le altre, e può avere o non avere:
- un buon conto in banca,
- un mutuo da pagare con regolarità;
- un affitto da pagare;
- dei figli da mantenere;
- parenti e/o veri amici che possono venirgli in aiuto…

C’è una cosa che il disoccupato non ha: un lavoro.

Ci saranno precari più precari di alcuni disoccupati, ma è conseguenza logica ritenere che se fatichiamo con un misero stipendio di 800 euro mensili, o addirittura 400-500 euro mensili, non percepire nulla è assoluta disperazione!!

Vogliamo dare forma, corpo, sostanza all’invisibilità; l’invisibilità taciuta del disoccupato, frutto di una ben precisa costruzione culturale e sociale che lo condanna a un’impietosa marginalizzazione che ne minaccia l’identità e lo stesso diritto di vivere!

E ciò che è più grave è che un disoccupato oggi non è più l’oggetto di un accantonamento provvisorio e occasionale, di una disoccupazione ciclica, ma di una disoccupazione ormai strutturale che rischia di escluderlo definitivamente dal mercato del lavoro quale scarto e rifiuto dell’economia globalizzata.




martedì 20 settembre 2011

William Butler Yeats, da "Il vento tra le canne", 1899 (Egli desidera il tessuto del cielo).


Se avessi il drappo ricamato del cielo,
Intessuto dell'oro e dell'argento e della luce,
I drappi dai colori chiari e scuri del giorno e della notte
Dai mezzi colori dell'alba e del tramonto,
Stenderei quei drappi sotto i tuoi piedi:
Invece, essendo povero, ho soltanto sogni;
E i miei sogni ho steso sotto i tuoi piedi;
Cammina leggera, perché cammini sui miei sogni.



La disoccupazione ADULTA, quella di cui più si tace... una tragedia nel dramma della DISOCCUPAZIONE!

Nel 2009, su 883 persone accolte ai Centri di Ascolto della Caritas diocesana di Lucca, ben 503 avevano un'età compresa tra i 35 e i 54 anni (il 57% !)

Dal dossier "Primo: ascolta", Rapporto sulle povertà e le risorse nella Diocesi di Lucca 2009:
"Dai nostri dati, [...] sembra che proprio la fascia d'età compresa tra i 35 e i 54 anni sia quella maggiormente esposta ai rischi di deriva verso le condizioni di povertà in seguito alla perdita dell'occupazione e a causa del difficile ricollocamento nel mercato del lavoro, sia per gli uomini che per le donne. Tale condizione pare aggravata anche dallo scarso numero di politiche sociali di contrasto alla povertà destinate, in maniera specifica, a tutelare durevolmente dal circolo vizioso della povertà persone che si trovano in età adulta [...]."
"In questo periodo della vita, un incidente di percorso, legato ad esempio alla non riconferma di una posizione lavorativa e il conseguente scivolamento nella condizione di disoccupazione, può rappresentare l'inizio di un cammino verso la condizione di un progressivo impoverimento, dalla quale non sempre è facile risollevarsi, anche a causa delle specifiche richieste del mercato del lavoro che, solitamente, sono rivolte in misura maggiore a soggetti al di sotto dei 35 anni di età."



Povertà


"Non si può stringere la mano di alcuno con il pugno chiuso"... 
L'avidità, l'egoismo portano gli esseri umani all'indifferenza. 
La povertà non è invisibile, né fa paura, quando si ha la pancia piena. 
La povertà la si ignora per calcolo!



lunedì 19 settembre 2011

La ricerca effettiva e permanente del lavoro che non c’è...

"Non si sa se è più ridicolo o sinistro che, di fronte a una perpetua, incurabile e crescente penuria di posti di lavoro [...] si continui ad imporre a ognuno dei disoccupati che si contano a milioni – e questo, ogni giorno lavorativo, di ogni settimana, ogni mese, ogni anno - la ricerca "effettiva e permanente" di quel lavoro che ormai non c'è più.
Di obbligarlo a passare ore, giorni, settimane, mesi, talvolta interi anni, a proporsi ogni giorno, ogni settimana, ogni mese, ogni anno, invano, bloccato in anticipo dalle statistiche.
[...] A colpi di rifiuti, di risposte negative, tutto questo non appare soprattutto come una messa in scena per convincere questi postulanti della loro nullità? Per inculcare nel pubblico I'immagine della loro sconfitta e divulgare I'idea (falsa) della responsabilità, colpevole e punita, di quegli stessi che pagano I'errore generale o la decisione di alcuni [...] ?
Tra questi disgraziati e i loro contemporanei si alza una parete di vetro sempre meno trasparente."

Viviane Forrester, “L’orrore economico”, Ponte alle Grazie




La violenza della calma

Prima vennero per i comunisti
e io non dissi nulla 
perché non ero comunista.

Poi vennero per i 
socialdemocratici,
e io non dissi nulla
perché non ero socialdemocratico.

Poi vennero per i sindacalisti, 
e io non dissi nulla 
perché non ero sindacalista.

Poi vennero per gli ebrei, 
e io non dissi nulla 
perché non ero ebreo.

Poi vennero a prendere me.
E non era rimasto più nessuno che potesse dire qualcosa.


Questa poesia contro l'apatia e la violenza della calma, erroneamente attribuita a B. Brecht, è del teologo e pastore luterano tedesco Martin Niemöller (1892-1984), il quale dopo aver appoggiato inizialmente il nazismo, ne divenne in seguito convinto oppositore. 

Questi “versi” hanno inoltre ispirato una famosa canzone di Christy Moore, Yellow Triangle.

Nei campi di concentramento nazisti c’era posto per tutti e a ciascuno era attribuito un colore diverso, a seconda della categoria cui apparteneva. I prigionieri, infatti, portavano sui propri vestiti dei triangoli di stoffa colorata: gli internati politici (comunisti e sindacalisti) portavano un triangolo rosso; chi aveva scioperato dal lavoro, un triangolo bianco; gli omosessuali un triangolo rosa; gli ebrei, un triangolo giallo sormontato dalla stella di David; i testimoni di Geova un triangolo color porpora; i delinquenti comuni un triangolo verde; i cosiddetti "asociali", un triangolo nero; gli zingari, un triangolo marrone; i prigionieri di guerra dei paesi occupati, un triangolo blu.


La violenza della calma “è la più pericolosa, quella che permette a tutte le altre di scatenarsi senza ostacoli... Questa violenza, mascherata all'interno della calma … veglia … sugli scandali che nasconde, facendoli accettare sempre meglio, e riuscendo a determinare una rassegnazione generale tale che non si riconosce più a che cosa ci si è rassegnati”.


Viviane Forrester, "L’orrore economico", Ponte alle grazie e "La violenza della calma", Spirali.


"... hai una paura fottuta, ma scherzi e fai finta di niente. Finta di niente, finta di niente. 

... perchè non hai più niente dentro, niente, non ti hanno lasciato più niente, ti hanno fottuto, ti hanno sbattuto dentro e hanno gettato le chiavi.

Chi di noi due è nel braccio della morte? Io o te?

Benvenuto ad Alcatraz, tesoro."


Diego Cugia, "Alcatraz", Oscar Mondadori.



L'Indifferenza

"L'indifferenza è feroce. Costituisce il partito più attivo, senza dubbio il più potente. Apre la porta a qualsiasi pretesa, alle deviazioni più funeste, più sordide. Questo secolo ne è un tragico testimone. Ottenere l'indifferenza generale rappresenta, per un sistema, una vittoria più grande di qualsiasi adesione parziale, per quanto considerevole.  Ed è, in verità, l'indifferenza che consente le adesioni massicce a certi regimi."

Viviane Forrester, L'orrore economico, Ponte alle Grazie.



"Più della rassegnazione - che nasce a volte dalla stanchezza e dal senso di isolamento - mi spaventa l'indifferenza, che è invece un indurimento, una malattia dell'anima, qualcosa che "ci mangia" senza che ce ne accorgiamo." "E c'è bisogno di speranza. Una speranza che non è attesa passiva di un futuro migliore, ma costruzione del futuro attraverso l'impegno quotidiano di ciascuno di noi."


Don Ciotti, nell'intervista di Elisa Reguitti per Il Fatto Quotidiano, 18 marzo 2010.



L'adulto è solo, di fronte alla perdita del lavoro

In caso di perdita dell'occupazione, e finiti gli eventuali sussidi e ammortizzatori sociali, l'adulto italiano, nella fascia d'età compresa fra i 35 e i 54 anni e senza una particolare distinzione tra donne e uomini, è il più esposto alla povertà e all'esclusione sociale, poiché le possibilità di un suo reinserimento e di una sua ricollocazione lavorativa sono estremamente ridotte e quasi si azzerano con l'aumentare dell'età.

Tale drammatica situazione viene considerata ormai ineluttabile in base a logiche economiche e di mercato.
Il disoccupato adulto costituisce lo scarto dell'economia globalizzata all'italiana che ha modalità contrattuali, tempi e ritmi produttivi rispetto ai quali l'adulto é considerato inadeguato.

La nostra classe politica é colpevolmente indifferente.

Sorge spontanea una domanda: cosa sarà delle vite di centinaia di migliaia di persone e delle loro famiglie?





San Precario intervista Mai Più Disoccupati

Mai Più Disoccupati è un gruppo nato su Facebook, ma che ormai agisce al di fuori della rete con campagne e iniziative pubbliche. A dispetto del nome, MPD non tratta solo di disoccupazione, ma anche di precarietà, reddito, welfare, lavoro e diritti dei lavoratori. Sebbene il persorso di MPD sia alquanto diverso dal nostro, abbiamo scoperto di avere molte cose in comune. Li abbiamo incontrati a Milano agli Stati Generali della Precarietà e li abbiamo intervistati.

Come nasce il gruppo Mai Più Disoccupati?
Siamo nati per parlare di lavoro, anzi: di NON lavoro, perché nel nostro Paese il lavoro come garanzia di reddito, serenità, speranza di un futuro, sta scomparendo! Da subito abbiamo evidenziato come la disoccupazione, il lavoro precario, le forme di occupazione che minano la dignità e la sicurezza degli individui sono in continuo aumento; anche se descritti come fenomeni transitori - in quanto frutto di una difficile congiuntura economica - in realtà si aggravano ogni giorno, appesantendo una situazione già insostenibile per tante persone e famiglie. Sono queste, infatti, a pagare il costo della crisi, in nome di logiche di mercato dipinte come ineluttabili.
Disoccupati, precari, lavoratori in nero, in grigio, gli stessi lavoratori a tempo indeterminato navigano tutti a vista sulla stessa barca!
I fatti dimostrano che ogni giorno chiunque può ritrovarsi disoccupato. Non esiste una linea di demarcazione, di separazione netta tra queste condizioni, e con facilità si può scivolare da una all’altra, anche se la crisi economica si è particolarmente abbattuta sulle forme di lavoro temporanee e meno tutelate: nel 2009,  il 63% di chi ha perso il lavoro era precario!

Quali sono i vostri obiettivi?
MPD vuole costituire un gruppo di pressione che crei una rete di resistenza e lotta su tutto il territorio nazionale. Infatti non vogliamo tanto esprimere un legittimo sdegno, quanto contribuire a organizzare un’attiva resistenza sul territorio, facendo convergere forze diverse su obiettivi e rivendicazioni comuni.
 Il nostro primo intento è stato quello di contribuire a diffondere la consapevolezza che la disoccupazione e la precarietà non sono una colpa, in quanto le subiamo! Non essendone responsabili, non dobbiamo viverle con vergogna, ma attivarci per denunciare e combattere l’emarginazione economica e sociale che minacciano la nostra identità, il nostro “progetto di vita”, il nostro stesso diritto di vivere!
In particolare, MPD rifiuta di arrendersi a un mercato del lavoro offeso e svilito, che offre in misura crescente lavoro sempre meno tutelato; rifiuta l’orrore economico degli esclusi dal lavoro quali scarti della globalizzazione; rifiuta di consegnarsi a un sistema economico fondato non sul lavoro, ma sulla sua progressiva scomparsa (una società senza lavoro è una società senza futuro!).

Quali sono i vostri strumenti di relazione, comunicazione e azione?
Il nostro principale strumento di relazione sono le bacheche dei nostri profili Facebook, dalle quali dialoghiamo e ci confrontiamo con migliaia di persone: da qui abbiamo appreso delle tante persone, gruppi e movimenti affini al nostro; da qui abbiamo stretto legami e collaborazioni, uscendo dalla dimensione virtuale del social network.

Quali sono le vostre attività fuori dalla rete?
Abbiamo partecipato alla Mantratona Costituzionale del 15 aprile a Bologna, ripresa in diretta da Annozero, e organizzato mantratone lungo il percorso della Marcia della Pace Perugia-Assisi del 16 maggio; abbiamo lanciato l’evento della Bandiera del Lavoro, esponendo dalle finestre la nostra bandiera e invitando i nostri amici a fare altrettanto, in segno di protesta civile; abbiamo incontrato lavoratori tra cui, il 1° maggio, i lavoratori dell’Agile ex-Eutelia, coi quali si è trascorso una Festa del Lavoro dal retrogusto alquanto amaro; il 26 e 27 giugno eravamo a Genova allo sbarco della Nave dei Diritti salpata da Barcellona e carica dei “messaggeri di solidarietà” provenienti da altri Paesi europei: in particolare abbiamo concorso all’organizzazione della Piazza del Diritto alla Dignità del Lavoro. Recentemente abbiamo partecipato agli Stati Generali della Precarietà in concomitanza con il lancio di due nostre petizioni a sostegno dell’istituzione in Italia del reddito di cittadinanza e del salario minimo legale.

Conoscete le reti precarie che costituiscono la Mayday? Come vi sono sembrati gli Stati Generali?
Gli Stati Generali della Precarietà hanno rappresentato un importante momento di discussione e approfondimento, di confronto e condivisione tra diverse reti precarie. Ci sono sembrati le prove generali per la realizzazione di piattaforme communicative e programmatiche condivise, in vista di alleanze sociali e politiche capaci di radicarsi nei diversi territori al fine di conseguire obiettivi concreti.
L’auspicio è che siano l’inizio di un percorso di condivisione per coinvolgere altre realtà e creare una solida rete di resistenza e di lotta su tutto il territorio nazionale.
Speriamo che gli Stati Generali della Precarietà diventino un luogo di confronto allargato e permanente, uno spazio collettivo di interazione per ricomporre specifiche istanze sociali attraverso una progettualità comune che produca forme di mobilitazione su base nazionale e locale a partire dalle lotte per il reddito e per il lavoro.

Per noi la lotta contro la precarietà è un mix un po’ particolare di agitazione culturale, azione biosindacale, complicità e protagonismo precario. Per voi cosa significa lottare contro la precarietà?
Per noi è impossibile continuare a pensare all’Italia come a un Paese democratico se il lavoro si è fatto incapace di produrre sicurezza e benessere, impotente a orientarsi e a guardare al futuro, involucro dell’anima nera di un capitalismo senza freni e senza inibizioni.
Ci chiediamo come possa essere garantita la democrazia se manca lo strumento principe - il lavoro - col quale ciascuno può affrancarsi da quegli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impedendone sia lo sviluppo della persona umana, sia l’effettiva partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese!
Per dirla con le parole di Gustavo Zagrebelsky, “senza uguaglianza la democrazia è un regime”,  e combattere precarietà e disoccupazione significa anche difendere la nostra democrazia e la nostra libertà!
Pensiamo allora che sia importante che nel nostro Paese si riscopra (o forse si scopra?) il valore della “cittadinanza attiva”, della partecipazione consapevole di ogni persona alla vita culturale, politica e sociale, per inserirsi pienamente in quella rete di diritti-doveri che le competono e la esprimono.
Di qui il nostro impegno per fare rete con quelle realtà democratiche che come noi si oppongono allo sfascio e alla resa della nostra Società civile, e che continuano ad adoperarsi per la piena realizzazione dei principi costituzionali.

La manifestazione della fiom del 16 è stata partecipatissima; da una parte vi è stata un'apertura sulle tematiche del reddito, dall'altra però un ritorno alla centralità del protagonismo operaio, che sembra un po’ datata. Cosa ne pensate? I precari potranno essere salvati dagli operai?
A nostro avviso oggi fanno parte della classe operaia non solo il proletariato industriale, ma il complesso stesso dei lavoratori dipendenti, in particolare di tutti coloro che lavorano ogni giorno per sopravvivere, svolgendo lavori umili, o poco riconosciuti e mal retribuiti: giovani, sottoccupati, precari, lavoratori in nero e in grigio, ma anche disoccupati. D’altro canto pensiamo che sia un’opportunità molto interessante quella del ritorno del protagonismo operaio. Nelle grandi aziende industriali non c’è quell’insidiosa frammentazione che impedisce ai lavoratori di acquisire una vera coscienza di classe.
Un esempio di frammentazione: in uno stesso ospedale, molti operatori (gli addetti alle pulizie, alla ristorazione, e parte degli infermieri) non sono dipendenti dell’azienda ospedaliera, ma di diverse realtà, quali cooperative e agenzie di somministrazione. Questi lavoratori vivono una babele di situazioni differenti, che li disperde e li ostacola nello sviluppare quello spirito di corpo che ha consentito invece ai lavoratori, negli anni ’50 -’70, di portare avanti la lotta in difesa dei propri diritti.

Qual è il vostro approccio a questo problema?
Non possiamo aspettare che i sindacati ripensino il proprio modo di agire senza porci l’obiettivo di costituire - per loro e per l’intera classe politica - un forte stimolo, fatto di “agitazione culturale”, di provocazioni intelligenti e lecite, di proposte costruttive, in un clima di rivendicazione del proprio diritto al lavoro e dei propri diritti in quanto lavoratori.
Poi ci pare di notevole interesse la lotta energica del mondo della scuola. In tante parti d’Italia i docenti stanno svolgendo un’opera insostituibile, fatta di rivendicazioni, di informazione alla cittadinanza, di contrasto allo sfascio della scuola pubblica, che è interesse di tutti noi salvare. Operai, insegnanti e studenti, precari e disoccupati, movimenti che fanno della cittadinanza attiva il centro del loro esistere possono fare molto per questo Paese, e diviene importante contribuire a costruire una rete che renda conoscibili a tutti i motivi e gli appuntamenti delle loro battaglie.

Quali sono i prossimi progetti di Mai Più Disoccupati?
Tra le nostre iniziative già avviate:“L’Avvocato risponde”, un servizio di consulenza legale in materia di Diritto del Lavoro offerto ai nostri amici; le due petizioni per il reddito di cittadinanza e il salario minimo legale (evento su Facebook; sottoscrizioni sul sito Petizioni Online). Il reddito di cittadinanza e il salario minimo legale rientrano tra i diritti inalienabili, e le petizioni servono a sensibilizzare l’opinione pubblica su questioni ora marginali nel dibattito politico italiano.
 Prossimamente intendiamo lanciare un progetto nel quale vorremmo coinvolgere San Precario. Si tratta di un’iniziativa che prevede la creazione di nuove forme di società di mutuo soccorso, riscoprendo il concetto di comunità e i valori solidaristici, in alternativa all’individualismo e alla frammentazione economico-sociale oggi dilaganti.

Di cosa si tratta?
Le “Vitamine Metropolitane”, questo potrebbe essere il loro nome, sono persone che si costituiscono inizialmente in gruppi informali su base territoriale, per superare un oggettivo stato di bisogno e per condividere e valorizzare le risorse in loro possesso (beni materiali, competenze professionali, esperienze lavorative, percorsi individuali) creando opportunità collettive, in primo luogo di lavoro. Infatti, se le risorse dei singoli sono di per se stesse inadeguate e insufficienti per il sostentamento della persona, diversamente nel loro insieme possono risultare sinergiche e foriere di nuove opportunità economiche e sociali.
Anche le “Vitamine Metropolitane” costiuiranno una rete su tutto il territorio nazionale, condividendo ulteriormente risorse, conoscenze, ed esperienze.

Pensi che sia possibile collaborare per poter pretendere continuità di reddito e diritti?
Collaborare non è solo possibile… ma anche auspicabile! Ci sono tanti modi per cambiare la realtà, ma ci piacerebbe che nel tentativo di uscire da questa emergenza democratica, sociale ed economica che si è creata nel nostro Paese, imparassimo finalmente a esprimerci come una comunità solidale, come un popolo, e non un insieme di individualità incapaci di dialogare, collaborare e ascoltarsi reciprocamente...
Ciascuno di noi può essere per l’altro risorsa e salvezza. Insieme possiamo dar voce al nostro desiderio di riscatto e cambiamento!



I nostri obiettivi

Il nostro primo intento è quello di contribuire a diffondere la consapevolezza che la disoccupazione e la precarietà non sono una colpa... persone e famiglie le subiscono! Non essendone responsabili, non dobbiamo viverle con vergogna, ma attivarci per denunciare e combattere l'emarginazione economica e sociale che minacciano la nostra identità, il nostro "progetto di vita", il nostro stesso diritto di vivere!

Questa consapevolezza ci deve guidare a fare emergere le nostre storie, le nostre esperienze, affinché si crei una forte coscienza collettiva presupposto necessario per rivendicare i nostri diritti e ottenere una rappresentanza sociale.

A tal fine occorre realizzare un'attiva resistenza sui territori, facendo convergere forze diverse su obiettivi e rivendicazioni comuni, prospettando soluzioni mirate, promuovendo iniziative e sollecitando interventi, a partire dal mondo del lavoro. Uno "scendere in piazza" civile, corale e unitario, estraneo a ogni forma di  qualunquismo. Serve un atteggiamento consapevole, critico, ma anche costruttivo e positivo.

Lo scempio fatto delle nostre esistenze testimonia purtroppo quanto la politica sia lontana dai nostri bisogni e dalle nostre aspettative!



Chi siamo

Mai Più Disoccupati è nato il 6 marzo 2010, su Facebook. A dispetto del nome, MPD non tratta solo di disoccupazione, ma anche di precarietà, reddito, welfare, lavoro e diritti dei lavoratori. 

Nel nostro Paese il lavoro, come garanzia di reddito, serenità, opportunità di costruirsi un futuro, sta scomparendo! 
La disoccupazione, il lavoro precario, le forme di occupazione che minano la dignità e la sicurezza degli individui sono in continuo aumento; descritti come fenomeni transitori, frutto di una difficile congiuntura economica, in realtà si aggravano ogni giorno, appesantendo una situazione già insostenibile per tante persone e famiglie. Sono queste, infatti, a pagare il costo della crisi, in nome di logiche di mercato dipinte come ineluttabili. 
Disoccupati, precari, lavoratori in nero, in grigio, gli stessi lavoratori a tempo indeterminato navigano tutti a vista sulla stessa barca! I fatti dimostrano che ogni giorno chiunque può ritrovarsi disoccupato. Non esiste una linea di demarcazione netta tra queste condizioni, e con facilità si può scivolare dall'una all'altra, anche se la crisi economica si è particolarmente abbattuta sulle forme di lavoro temporanee e meno tutelate: nel 2009, il 63% di chi ha perso il lavoro, era precario...!


MPD rifiuta l'arrendersi a un mercato del lavoro offeso e svilito, che offre in misura crescente lavoro sempre meno tutelato!


MPD rifiuta l'orrore economico degli esclusi dal lavoro quali scarti della globalizzazione!


MPD rifiuta il consegnarsi a un sistema economico fondato non sul lavoro, ma sulla sua progressiva scomparsa!